Ancora tanti i misteri sulla strage mafiosa dei Georgofili a Firenze: stanotte c’è stata la commemorazione delle vittime.
A 30 anni dalla strage dei Georgofili a Firenze, avvenuta il 27 maggio 2019, si ripercorre ogni singolo momento che ha portato allo scoppio dell’autobomba di Cosa Nostra. Nella tragedia rimasero vittime Fabrizio Nencioni, la moglie Angela Fiume, le bimbe loro figlie Caterina e Nadia, e lo studente Dario Capolicchio.
La commemorazione delle vittime
Questa notte sono state ricordate le vittime rimaste uccise nella strage mafiosa. Alla cerimonia hanno assistito il sindaco Dario Nardella, il presidente della Regione Eugenio Giani, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Presenti anche familiari e parenti delle vittime, esponenti delle istituzioni e della magistratura, e moltissimi cittadini che hanno seguito il corteo aperto dal Gonfalone della città.
“Trent’anni segnano un anniversario a cifra tonda che è importante perché ci spinge a ripercorrere tutto quello che Firenze ha saputo fare da allora come città e anche coi processi che hanno permesso di individuare i responsabili”, ha detto il sindaco Nardella prima del corteo.
“Ma anche ci spinge a capire cosa ha significato lo scontro della mafia contro o Stato, le istituzioni, e a parlarne alle future generazioni”, prosegue. “La mafia c’è ancora, oggi si annida e attecchisce dove c’è economia sana. La battaglia non è finita e va portata avanti proprio per le nuove generazioni”.
Il corteo per la strage di via Georgofili
Il corteo è partito da piazza della Signoria fino a raggiungere via dei Georgofili: dopo un lungo momento di raccoglimento, c’è stato un intenso applauso. Proseguendo per il piazzale degli Uffizi, alla Quarto Savona Quindici, è stata omaggiata anche l’auto di scorta al giudice Falcone nella strage di Capaci.
Il presidente della Regione, Eugenio Giani, ha mostrato una foto che lo ritrae nel 1993 sul luogo dell’attentato insieme al presidente dell’epoca della società del gas. “Lo avevo chiamato sul posto perché nelle prime ore si pensava a un guasto alla conduttura del gas, ancora non era chiara la causa dell’esplosione”.
Solo dopo cominciò a essere spiegato che si trattava di un attentato mafioso, e questo “cambiò il volto di Firenze”. La città fu sovrastata da manifestazioni e assemblee nelle scuole, in cui si ribadiva che “Firenze non è città di mafia e che respingeva la barbarie”.
Le indagini dei magistrati portarono a scoprire i nomi che ancora oggi ritornano, su tutti quelli di Riina e di Messina Denaro. “Le loro ricostruzioni già nel processo di Firenze delinearono con le condanne le responsabilità di Cosa Nostra. Giustizia venne fatta anche se i mandanti restano ancora in ombra”, conclude Giani.